di Birambai
Tutto era giallo: le facce dei bambini, gli ulivastri, le acque del mare.
C’era odore di morte, in paese, e uccelli neri che aspettavano. Non pioveva da un anno.
Allora chiamarono Tia Badora: “Liberaci dall’occhio cattivo, liberaci dal demonio Siccagno.”
Tia Badora, col corno di muflone e una piccola croce di legno, giunse a Berruìle all’alba di un giovedì.
Non parlò con nessuno, neppure con prete Basile, il padrone delle anime e del grano.
Si sistemò nella piazza, su una seggiola di sughero. Per un giorno intero guardò lontano, oltre la linea dei monti. Col corno tracciò segni nel vuoto e disse parole piccole: ra isè trubà.
Coperta dallo scialle nero, si vedevano solo gli occhi, sembrava un bobboti.
Prima del tramonto si alzò. Puntò la croce a Nord e sputò con rabbia una bestemmia:
“bae a sa furca!”
Subito, un lampo rosso illuminò il cielo e si udì un muggito assordante.
Lei andò via, lenta e silenziosa come una lumaca, senza mai voltarsi.
Allora cominciò a piovere. Tanto.
Troppo.
Dopo un mese la dovettero richiamare per fare la fattura dell’abbamala.
Berruìle, alle otto di sera. Il cielo è nero come il tormento. I vicoli intorno alla chiesa sono ruscelli che trascinano fango e preghiere. Si sente la litania di un rosario, il pianto di un bimbo, l’invettiva di una donna:
“bae in ora mala!”
Badora, sotto una cerata verde, ascolta i suoni della pioggia.
Giunta sotto una quercia secolare, raccoglie tredici sassi e alcuni rametti. Disegna per terra un cerchio e vi dispone dentro le pietre e i legni, fino a ottenere uno strano labirinto.
Prende un sacchetto di iuta e rovescia il contenuto dentro il cerchio: sei stercorari cominciano a zampettare. Ognuno ritrova la sua palla di sterco e ognuno cerca la fuga, facendo rotolare le sfere nelle vie del labirinto. Badora guarda, immobile. Poi dice: “Essinde a pizzu de grodde su fizzu essinde a fora su male in bonora”
Quando uno stercorario riesce a trovare l’uscita, Badora guarda il cielo. Improvvisamente cessa di piovere. Badora,con passo deciso, prende la via del suo villaggio.
All’alba, Bachis Barui, mentre si reca ai campi per valutare i danni dell’alluvione, vede il corpo di prete Basile che penzola dal ramo più grosso della quercia grande, impiccato.
Sorride Bachis, sorride al sole che sta nascendo.
Badora è distante, ma anche lei sorride. Nella stessa direzione.
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